Dopo un periodo di interruzione a causa del sisma 2016 e conseguenti vicissitudini negative, riprendono le attività dell’Erbario dell’Università di Camerino (e-mail: erbariocame@unicam.it). Ad affiancare il Prof. Andrea Catorci, referente UNICAM per l’Erbario, nelle attività scientifiche, didattiche e divulgative connesse alla gestione e fruizione da parte dell’utenza delle collezioni d’erbario, saranno due nuovi membri dello staff: il Dr. Federico Maria Tardella, responsabile scientifico e il Dr. Riccardo Pennesi, responsabile tecnico, entrambi entrati in organico alla struttura dall’inizio di luglio. Affiancherà lo staff tecnico-scientifico il tecnico Luigina Cucculelli. Da sempre attivo e presente, nonché anima storica dell’erbario di Camerino è il Dr. Sandro Ballelli, uno dei più noti floristi italiani.

L’Erbario, noto a livello internazionale come Herbarium Universitatis Camerinensis e indicizzato, con la sigla CAME, nell’Index Herbariorum, edito a cura del New York Botanical Garden, è una struttura della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria dell’Ateneo camerte, ospitata nella storica sede di Palazzo Castelli (Figura 1), che a lungo ha rappresentato un importante punto di riferimento a livello nazionale e internazionale per la ricerca nel campo delle scienze della vegetazione e della conservazione della natura.

A tutt'oggi l'Erbario si compone di circa 250.000 campioni di specie vascolari, distribuiti in quattro stanze (Figura 2). E’ organizzato in sezioni distinte per ambiti geografici e comprende exsiccata provenienti principalmente dall’Appennino centrale e, in particolare, dal massiccio dei Monti Sibillini, ma anche da territori di altre regioni italiane (Trentino Alto-Adige, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) e in misura minore da altri paesi europei ed extraeuropei. Una sezione è dedicata alla “Riserva naturale Montagna di Torricchio”, da circa 50 anni di proprietà dell’Università di Camerino e gestita dall’Unità Operativa Biodiversità Vegetale e Gestione degli Ecosistemi della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria.

L’informatizzazione dei campioni essiccati, finora realizzata nell’ambito del progetto “anArchive”, a cui partecipano 21 tra Università, enti di ricerca e aree protette italiane, grazie all’assiduo lavoro del tecnico dell’Erbario Domenico Lucarini, recentemente venuto a mancare, consente a oggi la consultazione online di circa 28.000 reperti di piante vascolari.

Nel 2018 l’Erbario ha inoltre aderito al progetto “CORIMBO” (Coordinamento della Rete Italiana dei Musei Botanici) della Società Botanica Italiana. Il progetto è in fase di sviluppo ed è stata avviata la ricerca dei finanziamenti necessari alla sua realizzazione.

L’Erbario è a disposizione per la consultazione da parte della comunità scientifica, per lo scambio di campioni con altre sedi universitarie italiane ed estere, ed è aperto agli studenti dei corsi di Biologia, Scienze Naturali, Scienze Geologiche e Farmacia. Di rilievo la presenza di erbari didattici che possono essere consultati dagli studenti per apprendere le principali caratteristiche sistematiche delle specie e a riconoscere le piante di interesse officinale.

Stretto è anche il rapporto con l’Orto Botanico per quel che riguarda l’identificazione e l’aggiornamento nomenclaturale delle specie botaniche in esso presenti.

 

Finalità degli erbari

La finalità per cui gli erbari sono nati, nel XVI secolo, è stata quella di insegnare a riconoscere correttamente le piante di interesse officinale agli studenti di Botanica medica delle Università. In seguito alle esplorazioni oltreoceano, numerosi campioni di piante esotiche furono portati in Europa, ma fu solo con lo sviluppo del sistema di classificazione di Linneo (1707-1778) e l’uso del metodo scientifico per lo studio dei vegetali, che la realizzazione degli erbari si trasformò da semplice collezionismo a strumento fondamentale per la ricerca scientifica. In particolare, dal XVIII-XIX secolo a oggi in Italia, le collezioni di insigni botanici (come Antonio Bertoloni, Filippo Parlatore, Vincenzo Cesati, Giovanni Passerini, Giuseppe Gibelli, Giovanni Arcangeli, Adriano Fiori, Pietro Zangheri e Sandro Pignatti) e le raccolte dei loro corrispondenti in tutto il territorio italiano, contribuirono alla stesura di diverse edizioni della flora d’Italia e di numerose flore regionali e locali.

L’erbario rappresenta una fonte insostituibile di informazioni, non solo sulla biodiversità vegetale di un ambito geografico, ma anche sulla distribuzione delle specie sulla superficie terrestre, nonché una documentazione storica sull’evoluzione della flora di un territorio, compresi l’estinzione locale di specie e l’invasione di specie esotiche. Esso fornisce inoltre supporto alle attività di ricerca scientifica nell’ambito della botanica sistematica, fitosociologia, anatomia vegetale, micromorfologia, chemiotassonomia, palinologia, fitochimica, botanica farmaceutica, ecologia vegetale, biologia della conservazione e negli studi filogenetici basati sull’analisi di sequenze di DNA.

Osservazioni fenologiche sui campioni d’erbario (cioè sull’andamento temporale dei fenomeni legati alle varie fasi del ciclo vegetativo della pianta, quali foliazione, fioritura e fruttificazione) sono state usate per la validazione di osservazioni scientifiche sui cambiamenti climatici.

Di fondamentale e crescente importanza è anche il supporto fornito dagli erbari alla didattica della biologia vegetale nell’ambito dell’educazione ambientale e dell’istruzione primaria, secondaria e universitaria.

 

Le origini e i campioni d’interesse storico

Dal punto di vista storico, l’origine dell’Herbarium Universitatis Camerinensis viene fatta risalire attorno al 1920, ma le prime notizie della presenza di erbari a Camerino risalgono al 1600 circa. Il riferimento più antico è quello di un erbario datato tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, già descritto da Alberico Benedicenti. I reperti più antichi presenti attualmente si devono a un raccoglitore anonimo e sono contenuti in un libro-erbario, attribuibile probabilmente alla seconda metà del Settecento e contenente 155 piante (Figure 3 e 4). Si tratta di un libro rilegato a mano, in discreto stato di conservazione, costituito esternamente da una copertina rigida rivestita di carta pecora, con scritto sulla costa "Erbario naturale". I campioni vegetali sono fissati tramite delle listerelle di carta trattate con colla di farina. I fogli sono costituiti da carta lavorata a mano del tipo "velino vergato", prodotta sicuramente dalle Cartiere di Fabriano, con impresso nel mezzo uno stemma filigranato. Tutto il materiale è senza indicazione di località, con conseguente perdita di importanti informazioni e doveva servire probabilmente come "guida" per la determinazione. Alcuni fogli sono corredati da qualche nota autografa attribuita a Vincenzo Ottaviani, professore di botanica e chimica, fondatore dell’Orto Botanico di Camerino e corrispondente di Antonio Bertoloni, autore della Flora Italica (1833-54). I numerosi saggi dovuti alle sue raccolte, effettuate per lo più nei dintorni di Camerino e sui Monti Sibillini, dopo il suo trasferimento a Urbino sono stati ceduti e tuttora conservati, secondo la sua volontà, nell'Erbario Bertoloni a Bologna.

Nell'Herbarium Universitatis Camerinensis esistono anche esemplari datati 1887, raccolti da Pietro Fantozzi, professore di storia naturale nel Liceo di Lucca. Tali saggi provengono dal Lago di Sibolla e sono relativi a specie rare o in via di scomparsa quali Trapa natans e Caldesia parnassifolia. Scorrendo ancora tra i vari pacchi si possono trovare molti reperti floristici di Adriano Fiori, professore al Regio Istituto Forestale di Vallombrosa, autore della Flora Analitica d’Italia (1923-1929); tra questi figurano Styrax officinalis e Campanula dichotoma, raccolte in età giovanile (1898 e 1899), campioni provenienti dalla Toscana con date comprese tra il 1926 e il 1939 e altri exsiccata di varie specie esotiche o coltivate, raccolte tra il 1921 e il 1942.

Sono inoltre presenti saggi riferiti alla Flora Italica Exsiccata, la più grande raccolta italiana di exsiccata fanerogamici risalenti ai primi decenni del Novecento, che furono distribuiti a molti Istituti e Musei che, a quel tempo, conservavano importanti erbari. Tra questi si ricordano Papaver apulum raccolto da Charles Carmichael Lacaita nel 1920, Dianthus brachycalyx, raccolto al Gran Sasso dal Fiori nel 1924, ed Euonymus verrucosus, da Carlo Marchesetti (1924). Sebbene in modo sporadico, nell'Erbario compaiono anche campioni raccolti da altri illustri botanici italiani quali Bruno Anzalone, Aldo Joseph Bernard Brilli-Cattarini, Emilio Chiovenda, Giovanni Negri, Renato Pampanini, Rodolfo Pichi-Sermolli e Giacomino Sarfatti.

Con l'arrivo di Vittorio Marchesoni a Camerino nel 1951, si ebbero le prime erborizzazioni di una certa rilevanza, in quanto per un decennio egli si dedicò alla flora dei Monti Sibillini e zone limitrofe, raccogliendo un ingente materiale, che assomma a 23.197 campioni, circa la metà del quale è attualmente depositato presso l’Herbarium Centrale Italicum di Firenze; tra questi ci sono reperti molto interessanti, sia per la flora marchigiana che per quella dell'intero Appennino, come Gypsophila repens e Saponaria bellidifolia del Piè Vettore o Cystopteris montana del Monte Vettore.

 

L’Erbario dagli anni Sessanta ad oggi

La composizione dell'Erbario si arricchì dalla metà degli anni Sessanta, soprattutto grazie alle raccolte di Franco Pedrotti ed Ettore Orsomando, i quali, insieme a un’equipe di altri ricercatori, si dedicarono a studi floristici e cartografico-vegetazionali che interessarono principalmente l'Italia centrale e il Trentino-Alto Adige. Le collezioni di una certa consistenza risalenti agli anni Sessanta-Ottanta, sono quelle delle flore dello Stelvio e della Val di Sole, nel Trentino, e di Burano, sul litorale della Maremma Toscana. Notevole è anche il numero di piante raccolte nei piani carsico-tettonici dell'Appennino centrale, in particolare al Pian Grande di Castelluccio di Norcia.

Negli ultimi quaranta anni, l'incremento delle raccolte è dovuto principalmente alle esplorazioni condotte da Sandro Ballelli sull'Appennino centrale (in particolare Monti Sibillini, con circa 50.000 campioni, Monti della Laga, Massicci del Gran Sasso e Majella), che hanno portato a rinvenimenti di specie di notevole interesse fitogeografico, quali la subendemica Campanula alpestris dei Monti Sibillini (che non era stata ritrovata da circa un secolo), l’endemica della Majella Crepis magellensis e l’esotica Convolvulus wallichianus dei Piani carsici di Castelluccio (primi ritrovamenti per l'Italia).

Contributi minori si devono anche all'attività di Edoardo Biondi (i cui reperti provengono soprattutto dal Bacino del Mediterraneo), Domenico Lucarini, Andrea Catorci, Federico Maria Tardella, Carlo Francalancia, Krunica Hruska, Roberto Venanzoni, Roberto Canullo e Riccardo Pennesi.

 

Il futuro

Dopo una prima fase di riorganizzazione, definizione delle collezioni e del loro stato di conservazione, le attività del personale dell’erbario si concentrerà, in collaborazione con il gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Roberto Canullo, sul completamento e pubblicazione della nuova flora della “Riserva naturale Montagna di Torricchio”, che si prevede potrà essere terminata e pubblicata entro il prossimo autunno. Si tratta dell’aggiornamento e doveroso completamento dello studio effettuato negli anni 1970-80 da Sandro Ballelli e Carlo Francalancia, che rappresenterà un importantissimo elemento di conoscenza sulla biodiversità della Riserva, divenuta di proprietà dell’Università di Camerino a seguito della donazione da parte del Marchese Mario Incisa della Rocchetta nel 1970.

Completato questo studio, sarà intrapreso il ponderoso lavoro dedicato alla “Flora del Parco Nazionale dei Monti Sibillini”, la quale sarà sistemata, catalogata e pubblicata nei prossimi anni. Questa pubblicazione sarà preceduta da alcuni contributi relativi a diversi comparti geomorfologici e ambientali che compongono il Parco dei Sibillini, il primo dei quali sarà dedicato al Pian Perduto, un importante sistema carsico-tettonico, ricco di elementi floristici di grande valore ambientale e conservazionistico. La “Flora del Parco Nazionale dei Monti Sibillini” farà seguito al “Catalogo bibliografico della flora vascolare dei Monti Sibillini”, già pubblicato nel 2010 da Sandro Ballelli, Sabrina Cesaretti, Renata Gatti, Beatriz Montenegro, Alessandra Vitanzi e Andrea Catorci, che ha sintetizzato la caratterizzazione di tutte le conoscenze floristiche, fitosociologiche e paesaggistiche dei Sibillini dalle prime citazioni del Maratti (1822) alle raccolte di Marchesoni degli anni ’50-’60, queste ultime oggetto di pubblicazione da parte di Sandro Ballelli, Domenico Lucarini e Franco Pedrotti (vol. 38 Braun-Blanquetia, 2005).

L’Herbarium Universitatis Camerinensis si aprirà inoltre al pubblico, agli appassionati e a quanti sono interessati al mondo delle piante, mediante l’organizzazione di cicli di seminari e workshop, nonché di eventi di carattere scientifico-divulgativo dedicati alla comunicazione delle incredibili proprietà e peculiarità del regno vegetale, alla sua conservazione, alla sostenibilità delle attività economiche primarie e all’importanza economica delle piante, dal punto di vista alimentare, erboristico e turistico-ricreativo. A tale proposito, il primo evento in corso di preparazione avrà il titolo “Croco e i suoi fratelli” e sarà dedicato alla conoscenza dello zafferano, ma anche di tutte quelle specie appartenenti ai generi Crocus e Colchicum, selvatiche o coltivate, che in primavera e autunno colorano le praterie appenniniche o i giardini privati.

Naturalmente, l’Herbarium Universitatis Camerinensis continuerà a svolgere, e anzi potenzierà con progetti specifici, il ruolo di supporto alla didattica per i corsi di Farmacia, Scienze Gastronomiche, Scienze Naturali e Biologia. Dal punto di vista scientifico, verranno invece estesi i rapporti di collaborazione con altre strutture analoghe italiane e straniere, in primis con l’Herbarium Centrale Italicum di Firenze, con il quale è in corso di definizione un protocollo d’intesa finalizzato alla collaborazione e condivisione delle tecniche di informatizzazione delle collezioni (uno dei sistemi migliori per assicurare, da un lato una sempre maggiore fruibilità dei reperti a livello mondiale e dall’altro, una migliore conservazione degli stessi, poiché riduce sensibilmente la loro manipolazione) e alla formazione di tecnici e ricercatori specializzati, attraverso la condivisione di progetti di tesi e corsi di formazione avanzata.